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Sunday, November 22, 2009

POUR HOMME, POUR FEMME



PROFUMO
STORIA DI UN ASSASSINO
 
Premessa fondamentale: io non ho amato il romanzo di Suskind.
A differenza dei tanto decantati 15 milioni di lettori nel mondo, a me francamente quel libro ha lasciato una grossa indifferenza addosso. Per questo, appena seppi del progetto cinematografico in corso non feci certo i salti di gioia, men che meno notando che era una produzione tedesca. Ma bastarono due, piccole, strane parole a farmi immediatamente rizzare le antenne e a mettere questo film nella mia lista "pellicole da vedere": le parole sono TOM TYKWER.
Tom Tykwer è uno dei registi moderni più significativi e, per quanto mi riguarda, più interessanti in circolazione. Ho amato follemente tutti i suoi lavori precedenti (Lola corre, La Principessa + il Guerriero, Heaven), ed ero davvero curioso di vederlo alle prese con un film ad alto budget. E il risultato è piuttosto sorprendente.
 
Ridurre un romanzo in un film è sempre un'impresa ardua. Soprattuto quando il romanzo in questione è un'opera che si caratterizza per un'altissima densità descrittiva e, in qusto caso, anche olfattiva. Narrare 400 pagine e condensarle in due ore e mezza di film comporta sempre delle perdite, delle lacune, delle omissioni necessarie. Profumo non è quindi immune da questi difetti, che sono propri degli adattamenti cinematografici: eccessiva ridondanza, buchi di sceneggiatura, cali di tensione (140 minuti sono difficili da gestire) e poi soprattutto, quello che a mio avviso è un enorme difetto non solo di questo film, ma di ogni film che ne fa uso: la voce fuori campo. La voce off che racconta il film è secondo me un compromesso a cui nessuna pellicola dovrebbe scendere, rappresenta, senza estremizzare, una sorta di fallimento dell'arte cinematografica stessa, che dovrebbe essere in grado di raccontare un avvenimento con le immagini, senza doverlo spiegare a parole. Senza questo narratore onnisciente, a tratti incredibilmente irritante, che dall'alto racconta gli eventi, il film in questione ne avrebbe di sicuro giovato.
A mio parere, Tykwer (o i produttori, questo non lo so) ha sbagliato ad accentuare la dimensione thriller: Profumo racconta la storia di un uomo, un uomo tanto straordinario quanto criminale quanto, e questo è il punto, disadattato e alla strenua ricerca non della perfezione, ma dell'amore. Il film invece lo dipinge come una sorta di bellissimo e folle assassino, e infatti la seconda parte del film, quella meno interessante, si concentra proprio sulla dimensione thriller/criminale. Ma il protagonista, Jean Baptiste Grenouille, non uccideva le donne per ottenere il profumo: le uccideva perchè, fondamentalmente, le amava e non era in grado di ottenere quello che voleva, ovvero l'amore, la perfezione dell'amore. E il finale, che non rivelo, secondo me doveva essere letto proprio in quest'ottica.
 
Ma, per fortuna, i pregi della pellicola fanno dimenticare i suoi difetti.
Tecnicamente il film è superbo. Una vera caramella per gli occhi. La fotografia di Frank Griebe (collaboratore da sempre del regista nonchè, per gli amanti del metal, fotografo di scena di molti video dei Rammstein) è un continuo fuoco d'artificio: dark, cupa, sporchissima, virata sul rosso scuro, buia, con improvvise ed incredibili esplosioni di colore che sorprendono e nutrono la vista. Campi di lavanda, mercati rionali, paesaggi ottocenteschi, primi piani incredibili, una passione per il dettaglio che fa girare la testa per la bellezza. Parigi non è mai stata così seducente, bella e al tempo stesso sporca, inquietante, odorosa. Aspettatevi una nomination agli ETERNAL SUNSHINE AWARDS 2007, perchè lo spettacolo offerto da Profumo mi ha lasciato parecchie volte senza fiato. Le scenografie, sempre di fattura tedesca, sono straordinarie, così come i costumi, gli effetti speciali, la partitura musicale ricca di calvicembali e cori inquietanti: stupendo. E quello che davvero sorprende è che tutto "profuma" di usato, di vissuto, di sporco, di concreto, vero e carnale: insomma promosso a pieni voti.
 
Il cast è altrettanto convincente. Ben Whishaw esordisce al cinema con questo film, ed è destinato a diventare qualcuno nel mondo del cinema. E' sensazionale. Sono andato su IMDB e ho scoperto che l'hanno già scritturato per i nuovi film di Todd Haynes (Far from Heaven, Velvet Goldmine) e di Pawel Pawlikowski (My Summer of Love): he will be HUGE. Non solo ha il physique du role (magrissimo, emaciato, un volto indimenticabile), ma regge una perte intensa ed incredibilmente fisica come quella di Jean-Baptiste con un'abilità da attore consumato. E tutto il lavoro teatrale che ha alle spalle non solo è particolarmente evidente nella sua tecnica recitativa, ma gli è stato fondamentale per questo ruolo.
I comprimari sono di livello. Il cameo di Dustin Hoffman nel ruolo di un profumiere italiano lascia il segno, mentre meno incisivo (forse perchè è un personaggio poco interessante) è Alan Rickman. Rachel Hurd-Wood, che amai follemente nel ruolo di Wendy in Peter Pan di PJ Hogan, ha una bellezza di porcellana, ma non affonda il colpo.
 
La sceneggiatura è diligente, è essenzialmente narrativa, superficiale per chi conosce la storia, accessoria per chi affronta per la prima volta la vicenda. Un film fatto soprattutto di immagini, pochissimi dialoghi, e quella maledetta voice off che ci accompagna per tutta la durata.
L'opera, per concludere, è un ottimo prodotto europeo, confezionato in maniera sublime. L'ultima mezzora sfiora in molte sequenze il ridicolo, anche se riesce a mantenere un certo equilibrio di forma, ma in generale perde il ritmo e la forza della prima parte, che è davvero fulminante. Il risultato finale convince, anche se lascia una certa insoddisfazione, perchè aveva il potenziale per essere un grande capolavoro. Purtroppo facendo prevalere il lato thriller/horror, la componente esistenzialista e drammatica viene leggermente meno, e la pellicola finisce per configurarsi semplicemente come un ottimo "film che racconta una storia". Ma Jean-Baptiste che emerge dal buio rimane una visione indimenticabile.
 
 
VOTO: B-
 

A domani con la recensione di LITTLE MISS SUNSHINE, il terzo, ultimo, migliore film della MOVIETHON.



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